Il propulsore fotonico

L’equazione di Einstein

E = m · c² (in cui E è l’energia, m è la massa, c è la velocità della luce)

introduce la possibilità teorica di un sistema di propulsione fotonica.
Come spiegato nelle righe seguenti tale propulsione è solo apparentemente di tipo non Newtoniano.

Nei sistemi di propulsione Newtoniana, lo spostamento di un corpo si ottiene a spese dello spostamento di un altro corpo in base al principio di azione e reazione altrimenti detto terzo principio della dinamica o anche terza legge di Newton. Per esempio nel propulsore a razzo, l’emissione dei gas in coda al propulsore provoca una spinta uguale e contraria sul propulsore. In questo tipo di propulsione la velocità limite raggiungibile è stabilita dalla velocità di espulsione dei gas. Una volta che quest’ultima viene raggiunta, non è più possibile accelerare e un’ulteriore espulsione di gas non produce alcuna spinta.
Un’osservazione fondamentale riguarda la posizione del centro di massa. Infatti, se si considera l’intero sistema, e nel caso della propulsione a razzo va considerato sia il propulsore stesso che tutti i gas espulsi, il centro di massa è fisso, cioè non si sposta mai. In altre parole il centro di massa è immobile.
Mentre nel propulsore a razzo vengono espulse particelle di gas, nel propulsore fotonico vengono espulsi fotoni, ovvero radiazione elettromagnetica.
Unendo l’equazione di Einstein riportata all’inizio alla legge di Planck sull’energia dei fotoni

E = h · f (in cui h è la costante di Planck e f è la frequenza)

si trova che a ciascun fotone è associabile una massa definita dalla seguente relazione

massa fotonica = h · f / c²


Da un punto di vista Newtoniano quanto sopra implica che l’emissione di un fotone da parte di un corpo equivale all’espulsione di una particella di massa uguale a h·f/c² che viaggia alla velocità della luce.

In base a quanto appena esposto è possibile speculare sulle potenzialità di un ipotetico propulsore fotonico.
Nel propulsore fotonico, dal momento che l’emissione dei fotoni avviene alla velocità della luce, il propulsore riceve spinta fino al raggiungimento di questa e pertanto il suo valore costituisce un limite invalicabile anche in questa visione classica. Tuttavia rispetto alla propulsione a razzo con espulsione di gas si tratta di una velocità limite molto più elevata e quindi un vantaggio incolmabile.
Si noti che l’emissione di fotoni da parte del propulsore non è gratis e l’energia emessa come radiazione viene pagata dal propulsore come perdita di massa.
La spinta generata dall’emissione di radiazione elettromagnetica può essere calcolata come mostrato di seguito:

m·c² = E

m·c = E/c

m·c/t = E·c/t (in cui t è il tempo)

m·a = P/c (in cui P è la potenza irradiata)

F = P/c (in cui F è la spinta)

L’ultima relazione permette di calcolare che per generare una spinta di 1 Newton è necessaria una potenza irradiata pari a 300 milioni di watt.
Purtroppo tale valore di potenza è talmente elevato da mettere in discussione l’accessibilità tecnologica del propulsore fotonico.

Quanto esposto in questa pubblicazione porta inoltre ad un’ultima ed importantissima osservazione.
Prendendo in considerazione l’intero universo, pur essendo le galassie che lo compongono in continuo movimento, se nella valutazione del suo centro di massa oltre ai corpi celesti si tiene conto anche della distribuzione della radiazione elettromagnetica, la sua posizione è stata, è e rimarrà in eterno sempre la stessa.

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